Piano Tondo e Necropoli del Poggione
L’area è contraddistinta da un insediamento etrusco risalente al VII/VI secolo a.C., sorto in una zona, quella del massiccio meridionale del Chianti, caratterizzata da numerose comunità sorte in corrispondenza di vie di comunicazione di primario interesse e di importanti corsi d’acqua, come Ombrone, Ambra e Arbia.
La facilità di commercio, la possibilità di controllare un vasto territorio, le abbondanti risorse naturali che permettevano l’approvvigionamento di prodotti dell’agricoltura e del bosco, i depositi di travertino dalla vicina area di Rapolano Terme e la presenza di acque termali favorirono lo sviluppo del territorio, permettendo l’ascesa di gruppi gentilizi che dalla seconda metà del VIl secolo a.C. si stabilirono su una serie di alture accomunate da caratteristiche simili, in posizione dominante su pianori terrazzati
artificialmente, spesso in diretta comunicazione visiva tra loro.
La più elevata tra queste residenze sorgeva sull’altura di Piano Tondo, a 642 metri s.l.m., in prossimità delle sorgenti dell’Ombrone, non molto distante dagli insediamenti di Murlo e Siena e in diretto contatto visivo con Poggio Castiglioni, insediamento in posizione strategica al di là della valle del’Ambra. Poco distante, in direzione nord-ovest, si trova la necropoli del Poggione, facilmente raggiungibile a piedi in direzione nord-est, che presenta evidenze di tombe a camera in travertino, all’interno delle quali i ricchi signori di Piano Tondo seppellirono i loro defunti. Un’altra ricca necropoli, in uso per un lungo arco di tempo (dall’inizio del VIl al Ill secolo a.C.), è stata scavata in località Bosco Le Pici, probabilmente collegata al vicino insediamento di Cetamura della Berardenga, altro insedimanto raggiungibile a piedi da Piano tondo in direzione nord ovest.
A differenza delle case comuni, il cui tetto era fatto con semplici tegole di terracotta piane (embrici) e curve (coppi), le residenze principesche etrusche si distinguevano per la decorazione, che poteva essere solo dipinta o anche a rilievo. Le falde erano abbellite nella Parte terminale da lastre con motivi
floreali, scene figurate o semplici baccellature; in corrispondenza della testate delle travi venivano collocate le antefisse, spesso decorate da teste femminili o aschili, mentre sul colmo potevano essere installate figure a ritaglio o tutto tondo (acroteri). Questi elementi servivano non solo ad esibire il potere e la ricchezza del proprietario, ma anche a proteggere dalle intemperie le parti del tetto costruite con materiale deperibile. Le residenze univano spesso funzioni abitative e produttive, testimoniate in genere da piccole fornaci per la cottura della ceramica o da scarti di lavorazione, e talvolta religiose, con piccoli
luoghi di culto documentati da ex voto in bronzo. Le indagini archeologiche effettuate dalla Soprintendenza sull’altura di Piano Tondo 1977 e il 1981 hanno restituito tracce di un edificio distrutto
probabilmente da un incendio, del quale restavano grandi quantità di tegole e
decorazioni in terracotta, rinvenute all’interno di fosse scavate in età moderna per l’impianto di un vigneto.
Sebbene non siano state rinvenute strutture dell’edificio, distrutte dai lavori agricoli, le antefisse a
testa femminile e un elemento a forma di sfinge testimoniano la presenza di un ricco edificio residenziale sorto nella seconda metà del VII secolo a.C. Insieme agli elementi di copertura sono stati rinvenuti oggetti per la vita quotidiana, come vasi in ceramica grezza per contenere e cuocere il cibo, strumenti per la filatura la tessitura e raffinato vasellame da mensa in bucchero, la tipica ceramica etrusca di colore nero in uso tra Vll e VI secolo a.C.
Le evidenze della presenza dell’area per la produzione di terracotta sono emerse durante gli scavi eseguiti nei primi mesi del 2022. È localizzata al centro della vigna sottostante il poggio di Piano Tondo, in direzione sud, in corrispondenza del grosso pietrone al centro dei filari. La presenza di uno spazio artigianale adiacente alle residenze principeschę è un modello ricorrente nel territorio per l’epoca orientalizzante-arcaica, come testimoniato dai casi di Poggio Civitate (Murlo), Poggio Castiglioni (Ambra, Bucine) e Fossa del Lupo (Cortona). Lo scavo ha messo in luce due differenti strutture produttive. La prima è una fornace per laterizi le cui evidenze, piuttosto labili, sono riconducibili ad alcuni allineamenti di pietre, ampie macchie di terreno fortemente arrossato dal fuoco o
di colore nerastro per la presenza di resti di carbone, oltre a una grande densità
di materiale laterizio, in prevalenza tegole piane e curve, sparso su tutta l’area. Possiamo ipotizzare una fornace di forma quadrangolare, con lati di circa 3,80 x 4,50 metri e muratura perimetrale dello spessore di circa 60 cm. All’interno della struttura, quattro muri di minor spessore erano funzionali a sorreggere il piano divisorio fra la camera di combustione e quella di cottura. I reperti recuperati
sono contemporanei alla residenza aristocratica attestata sulla cima del colle. Circa 10-15 metri in direzione sud-est è stata rinvenuta una seconda fornace, per la cottura della ceramica, interamente conservata al livello del basamento. La struttura presentava forma circolare/ellittica (diametro di circa 1,5 metri) con l’imboccatura (prefurnio) collocata verso ovest, ben delimitata da pietre e pezzi di
tegola disposti verticalmente. II rinvenimento ha evidenziato, alla quota più alta, piccoli spargimenti di colore rossastro, pietre, laterizi e due frammenti di tubuli troncoconici in terracotta, chiari indizi del collasso delle pareti della struttura. Al di sotto, è emerso uno strato di carbone con lenti di cenere e piccoli grumi di terreno concotto, riconducibile all’ultima cottura prima che la fornacetta venisse distrutta.
Necropoli del Poggione
In seguito agli scavi realizzati tra il 1980 e il 1984 sono emerse tre tombe a camera di età orientalizzante e arcaica, due delle quali in buono stato di conservazione. Le strutture erano realizzate con lastre di travertino di Rapolano che costituivano sia le pareti che la pavimentazione. Il sito è databile attorno all’ultimo quarto del VII secolo a.C., primi decenni del VI secolo a.C.
Nella tomba A è stata riconosciuta la deposizione di un principe, data la ricchezza del corredo: un carro da guerra a due ruote a struttura leggera, frammenti di due scudi in lamina di bronzo decorata a sbalzo, due punte di lancia, coltelli e spada in ferro, pettine e pisside in avorio, cofanetto in lamina di bronzo decorata a sbalzo, una teglia, anse di vari vasi in bronzo.
Nella tomba B, distrutta in parte, sono stati rinvenuti materiali molto frammentari. Una delle due grandi olle rinvenute nella tomba è stata interamente ricostruita: presenta sull’orlo una treccia incisa con occhi di dado stampigliati negli occhielli; sulla spalla due file di occhi di dado e un cordone plastico, mentre la decorazione dipinta sul corpo è realizzata con vernice rossastra e con i dettagli graffiti.
Il sito è raggiungibile solo a piedi, ma è difficile da identificare: dalla SP 73 si deve seguire un viottolo che si addentra nel bosco; alla sommità, un recinto delimita l’area delle tombe, che si trova all’interno di una proprietà privata ma è liberamente visitabile.